Avete presente quella sensazione per cui, una volta partiti per un lungo viaggio, pensate a casa vostra con gli occhi tristi e iniziate il conto alla rovescia fino al giorno in cui potrete di nuovo mangiare le lasagne della nonna? Ecco, quella è nostalgia.
Una definizione più ortodossa, quella del Vocabolario Treccani, recita:
nostalgìa s. f. [comp. del gr. νόστος «ritorno» e -algia (v. algia)]. – Desiderio acuto di tornare a vivere in un luogo che è stato di soggiorno abituale e che ora è lontano: soffrire di n. […]. Quando assume forma patologica si chiama nostomania (v.). Per estens., stato d’animo melanconico, causato dal desiderio di persona lontana (o non più in vita) o di cosa non più posseduta, dal rimpianto di condizioni ormai passate, dall’aspirazione a uno stato diverso dall’attuale che si configura comunque lontano: n. degli amici, dell’affetto materno; n. della giovinezza lontana; n. dei tempi passati.
Come ci dice anche il Vocabolario Etimologico Pianigiani, si tratta di un termine di origine greca:
I greci, però, di nostalgia non parlavano mai. Questo sostantivo, infatti, è, sì, composto da due termini greci, ma è stato coniato nel 1688 da Johannes Hofer, medico alsaziano dell’Università di Basilea, mentre studiava il malessere dei mercenari svizzeri al servizio di Re Luigi XIV.
L’etimologia – “il dolore del ritorno a casa” – è più chiara in altre lingue rispetto all’italiano. In tedesco, ad esempio, è das Heimweh, in francese le mal du pays, in inglese homesickness. Quasi quasi invidio un po’ i parlanti di queste lingue, a cui viene servita su un piatto d’argento l’origine delle proprie parole, ma poi, riflettendoci, forse è più divertente così: scoprire – un giorno per caso all’età di 22 anni grazie a un film strambo – che una parola che hai sempre usato ha una storia che non conoscevi.